Zurigo si svela piano

8 Febbraio 2020

Appena il treno si muove, lei accenna un sorriso malinconico: “Non possiamo rimanere ancora un po’?”.
Quando le avevo proposto di passare tre giorni in questa città, non era molto convinta. In fondo non è una meta turistica famosa e certo non è conosciuta come meritrebbe. Forse chi abita nel nord Italia pensa – prima di altre città – di visitare Torino, Verona o Venezia, o magari di sconfinare in Austria per andare a Salisburgo o a Innsbruck. Ma a Zurigo
Mi ha sorpreso, non la immaginavo così bella” dice lei senza voltarsi.
Dal finestrino il fiume Limmat si trasforma in un lago azzurro come il cielo che si può ammirare solo sulle Alpi. Gli edifici della città, un misto tra grattacieli di media altezza e case in stile montano dal tetto ripido come un sentiero, lasciano il posto a fattorie e a distese di prati verdi.
È che uno si aspetta le cose tipiche della Svizzera. Voglio dire: le mucche, il formaggio con i buchi, il cioccolato, Heidi, la precisione nei gesti delle persone, l’ordine, il silenzio. Invece tutte queste cose sono solo delle sfumature. Cioè, sono ben presenti, però non la rendono una città-macchietta. L’arricchiscono e la innalzano a classica città mitteleuropea, bellissima perché antica e moderna allo stesso tempo, con in più quel tocco di rigore che all’apparenza è austerità, ma che in realtà è puro progresso. Un tocco che solo in Svizzera si può trovare.”
Riprende fiato e sembra voler aggiungere qualcos’altro. Ma prima, come se ordinasse i pensieri, sposta un ciuffo di riccioli dalle labbra che le ha causato un fremito di solletico.
Abbiamo visto boutique come fossimo in una capitale della moda, abbiamo mangiato come in una sagra di paese, abbiamo visitato il quartiere universitario da dove sono usciti decine di premi Nobel, abbiamo ascoltato una lingua tedesca tagliente e svelta, abbiamo contato non so quante banche, abbiamo incrociato uomini e donne di ogni razza e colore, abbiamo odorato la natura tipica delle Alpi, abbiamo intravisto la periferia, abbiamo notato clochard e giovani sbandati, abbiamo bagnato i piedi nel lago e abbiamo sfiorato le mura di chiese, musei e palazzi di varie epoche storiche. Direi che non sono molte le città in cui tutte queste cose convivono in armonia.”
Ora sono io a sorridere. Annuisco: sta cogliendo le sensazioni che anche io ho provato, solo che lei riesce a ordinarle in frasi dal senso compiuto. Allora lascio che sia lei la voce dei miei pensieri.
È una città che si svela piano, senza travolgerti. Passo dopo passo e ora dopo ora. Forse è quell’idea di disciplina, di calma e in fondo di semplicità che fin da piccola mi trasmette la Svizzera. O forse è quell’idea di vivacità, di tolleranza e anche di avanguardia che si respira a ogni angolo di strada. Perché qui c’è il bianco, c’è il nero e c’è pure il grigio, e nessuno di questi colori sembra prevalere sull’altro. Penso che a Zurigo sia racchiusa l’anima della Svizzera, un po’ come a New York è racchiuso il mondo intero.”
I paesaggi erano stupendi” aggiungo io, “e perfino i cantieri polverosi e i bidoni della spazzatura trasmettevano un senso di delicatezza.”
Concludiamo che Zurigo è ricca, pulita, moderna, multietnica. C’è il lago e la montagna, ci sono le viuzze acciottolate vecchie di secoli e i viali con gli atelier degli stilisti, ci sono centinaia di caveau costruiti dalle banche e le antiche botteghe artigiane, ci sono gli odori della fondue al formaggio e gli aromi di cioccolatini dalle forme geometriche.
È una città educata che si presenta con un soffio di voce, senza stringerti forte la mano, ma che ha tante cose dense di significati da raccontare. È riservata e allegra, elegante e bonacciona. Dunque non è un caso se per sette volte è stata votata la città con la migliore qualità di vita al mondo.
Credo che non la dimenticherò mai” sospira infine lei, quasi meravigliata dall’ammissione.
Intanto, dal finestrino appaiono e spariscono paesini minuscoli, nati a valle delle montagne e accanto a un fiume con l’acqua coperta da un sottile strato di ghiaccio. I binari della ferrovia iniziano a salire e all’orizzonte riconosco le cime innevate del gruppo del Bernina.
Sulla pelle scorre l’aria fresca che entra dal finestrino, negli occhi passano altre terre di montanari. Annuso l’arrivo a casa. Ormai la città è alle spalle, è già nei ricordi, è ingabbiata nella macchina fotografica.
Anche lei lo avverte e le resta da dire soltanto una cosa, legata al bisogno di altre scoperte: “Dove ti piacerebbe andare ora?”.

Questo è il resoconto di un viaggio di tanti anni fa, quando io e mia moglie eravamo ancora una coppia di fidanzati, e il cui ricordo è rimasto vivido nella mente.
Un racconto breve per fissare su carta le sensazioni di una nuova scoperta. Chissà se abbiamo colto davvero l’essenza della città…

(La foto che accompagna il post è tratta dal sito ufficiale della città di Zurigo)