Sull’ospedale Morelli di Sondalo

10 Dicembre 2020

Tra qualche giorno mia moglie partorirà il nostro terzo figlio. Viviamo da sempre a Livigno e, vista la momentanea chiusura per l’emergenza Covid del reparto maternità dell’ospedale di Sondalo, siamo obbligati a migrare a Sondrio, l’ospedale più vicino. Vicino per modo di dire, dato che il capoluogo dista 100 chilometri da casa nostra, mentre 55 sono i chilometri che ci separano da Sondalo.
Certo, essendo previsto il parto cesareo, io e mia moglie possiamo organizzare la trasferta con calma e scendere a Sondrio il giorno precedente l’intervento, evitando così anche eventuali problemi legati alla viabilità. Ma, dico, vi sembra normale? Vi sembra sensato che una coppia – e come noi ce ne sono tante in Alta Valtellina – debba sperare che tutto fili liscio nel periodo precedente il parto e nei 100 chilometri per raggiungere l’ospedale?
Aggiungo che fin dal primo approccio con Sondrio di alcuni giorni fa, ci è sembrato palese che il reparto – e l’intero ospedale – sia oberato di lavoro e che il personale scarseggi. Detto questo, sono sicurissimo che i medici, le ostetriche e le infermiere faranno del loro meglio e anche di più perché non ci siano intoppi.

Sia chiaro, non sto mettendo in dubbio l’urgenza di concentrare le forze nella lotta alla pandemia, anche se non condivido la scelta politica di spostare le specialità da Sondalo a Sondrio. E nemmeno voglio esibirmi in uno sterile lamento per un fatto personale. Non è mia abitudine lamentarmi, come non lo è per la gente che abita in alta montagna. Ognuno di noi è ben consapevole di vivere in valli isolate lontane dagli ospedali. È così da sempre e non ne abbiamo mai fatto una tragedia, perché sappiamo benissimo che, l’alta montagna, insieme a tanti pregi ha naturalmente le sue difficoltà, e le mancanze dal punto di vista della sanità sono tra queste.
Tuttavia non è questo il punto. Il punto è il futuro che ci attende: è il futuro che attende l’ospedale Morelli di Sondalo.

In questi mesi ho seguito dall’esterno le proteste del movimento popolare Comitato a difesa della sanità di montagna – Io sto con il Morelli, le prese di posizione dei sindaci dell’Alta Valle, le istanze di altri rappresentanti degli enti locali e le vaghe risposte arrivate da regione Lombardia.
Non mi dilungherò sulle decisioni di quella parte politica che da vent’anni guida la regione, prima con Formigoni e poi con Maroni e Fontana, e che di fatto ha trasformato la sanità pubblica in un’azienda, impoverendo la medicina del territorio per indirizzare i pazienti negli ospedali di città, pubblici o privati che siano. Né parlerò del fallimento di quel federalismo tanto sbandierato, reclamato e ottenuto, che sulla carta avrebbe dovuto favorire anche i territori più svantaggiati come il nostro e garantire una migliore distribuzione delle risorse economiche e dei servizi ai cittadini, ma che al contrario si è rivelato essere un chiaro e triste spostamento della centralità del potere – politico ed economico – da Roma a Milano.
No, non lo farò. Il mio vuole essere un semplice appello che si aggiunge ai tanti già arrivati da ogni parte della provincia di Sondrio e non solo. Un appello perché non si ridimensioni né tantomeno si chiuda l’ospedale Morelli, non si spostino le specialità e le alte specialità in altri ospedali, non si aumenti ancor di più la distanza tra l’alta montagna e il fondovalle.

Signori Fontana, Gallera e Sertori, non intestarditevi a difendere scelte che hanno largamente dimostrato di essere sbagliate. Passate oltre: ammettete gli errori, prendetevene le responsabilità e cambiate rotta.
L’ospedale Morelli deve essere un’opportunità per realizzare un nuovo modello di sanità di montagna, non un problema da risolvere a scapito dei cittadini lombardi periferici. Forse ve lo siete dimenticato, ma la sanità è un bene comune e non un’azienda per fare business. E una sanità pubblica di qualità e organizzata, fatta di professionisti ben remunerati e messi nelle migliori condizioni per lavorare, deve essere garantita a tutti i cittadini, che vivano a 5 o a 55 chilometri dall’ospedale; deve essere sostenuta anche se in perdita economica, e non deve lasciare spazio a quella privata, seppur in convenzione, o sparire dove è considerata poco produttiva.
È su questo punto che, nel mio piccolo, vi invito a ragionare. Perché sono sicuro che in regione Lombardia ci sono tante voci di bilancio – spesso superflue e alle volte indecorose – su cui risparmiare denaro. Non certo su quella dell’ospedale Morelli.

(La foto di copertina che accompagna il post è tratta dalla pagina Facebook di Livigno is magic; le due immagini del complesso ospedaliero di Sondalo sono tratte dalla rete)