Bello bellissimo, brutto bruttissimo

26 Gennaio 2020

Finalmente qualche giorno fa, dopo settimane di pigrizia, mi sono goduto una corsa mista a camminata veloce, a un ritmo basso – com’è naturale che sia – per riprendere confidenza con la fatica.
Ho corso sulla passeggiata innevata di Livigno, partendo all’altezza della Scuola Sci Centrale – in centro paese – e arrivando in località Palipert alle spalle del ristorante Baita Veglia, restando sul lato ovest della valle. Poi, sono tornato a casa dallo stesso percorso, caratterizzato da continui saliscendi quasi sempre dolci.
La giornata era splendida, tipica del mese di gennaio in montagna, una giornata che regala sole accecante, cielo limpido e aria gelida a pizzicare il viso. A monte, il paesaggio che mi scorreva attorno era altrettanto splendido, con il bosco di larici a proteggere cime che sembravano comunque a portata di mano.

Insomma, come sento ripetere da anni, come vedo ogni giorno sui social o in tv, come leggo sui quotidiani locali o sui dépliant di promozione turistica, Livigno è bello, bellissimo. È un paradiso. Senza se e senza ma. Perché, a quanto pare, se per ogni paradiso c’è un purgatorio e un inferno, Livigno fa eccezione. Per Livigno (che fortuna sfacciata!), c’è solo il paradiso.
Ovviamente, anche io penso che sotto molti aspetti Livigno è un paradiso; ma penso anche che sotto molti altri è un purgatorio e – soprattutto – un inferno. E per scoprirlo basta spostare lo sguardo a valle. Basta avere due occhi che non guardano solo dove vogliono vedere. Allora sì che si scopre l’inferno. Si scopre che Livigno è anche brutto, bruttissimo.

Così, mentre correvo e camminavo lasciando il centro del paese alle mie spalle, grazie a dosi massicce di ossigeno che salivano al cervello ho partorito alcuni pensieri che, vi avviso, non è detto che siano anche intelligenti: ormai a Livigno, per trovare pace, natura incontaminata, paesaggi non imbruttiti dal cemento e atmosfere non artificiali e globalizzate, bisogna andare in periferia. Per forza. Ma una volta arrivati lì, con amarezza e rabbia ci si rende conto che perfino la periferia sta per essere invasa dal rumore, sta per essere contaminata, sta per essere imbruttita dal cemento, sta per diventare artificiale e globalizzata.
Ci vorrà poco: solo qualche anno. Per esempio, basterà che coloro che da anni prendono le decisioni per noi e dettano la linea di sviluppo del paese proseguano imperterriti sulla via che hanno tracciato.
Ma state tranquilli, siamo già a buon punto. Ancora un po’ di tempo e in valle non resterà né pace né vita serena. Resterà poca autenticità, poca identità e poca natura. E per nostra stessa volontà saremo seppelliti dall’edilizia, dallo sfruttamento delle risorse naturali, dal denaro accumulato, dal sacrificio della persona in nome del lavoro, dal turismo di massa, dalla dittatura del marketing, da numeri di crescita da raggiungere a ogni costo, dal consumismo e dal business sfrenato.

Io, comunque sia, non voglio certo allinearmi a questo scempio. Perciò continuo a parlarne. Anche se, essendo tra la minoranza dei cittadini che vede il paese peggiorare ogni anno, i miei pensieri – intelligenti o no – contano zero. Perché a decidere il nostro presente e futuro è una maggioranza che a quanto pare preferisce proseguire in un’unica direzione: quella di vedere soltanto il bello di Livigno invece di arginare il brutto creato da loro stessi, con i relativi pericoli sociali, ambientali ed economici che un giorno ne potrebbero derivare.

(La fotografia che accompagna il post è di Enzo Bevilacqua ed è tratta dalla pagina Facebook di Livigno is magic)