“Lo straniero”

2 Febbraio 2020

Ho letto questo romanzo breve in pochissimo tempo. Ed è stato come bere un bicchiere d’acqua sul cui fondo erano cadute gocce aspre di limone, buone ma difficili da mandare giù.

Lo straniero, pubblicato nel 1942, racconta la storia di Mersault, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di disinteresse verso se stesso e il mondo.
Un giorno, dopo un litigio di cui non è nemmeno stato protagonista e senza che il lettore se lo aspetti, uccide un arabo. Poco dopo, Mersault viene arrestato e si consegna, del tutto impassibile, alle inevitabili conseguenze del fatto senza cercare difese, giustificazioni o menzogne: il processo e la condanna a morte.

Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so.”
Inizia così il romanzo, e da queste prime parole si intuisce quanto Mersault sia un uomo privo di sentimenti. O meglio, un uomo troppo razionale – perciò distaccato e insensibile – per riuscire a provare sentimenti forti. Un uomo colpevole di astrarsi dalla vita, di creare una barriera tra sé e le emozioni e di allontanare ogni forma di umanità.
È in questo modo che Albert Camus descrive l’assurdità dell’esistenza delle persone, che troppo spesso sono semplici spettatrici degli eventi di cui sono responsabili. Persone “straniere”, appunto, passive e apatiche nei confronti della vita. Soprattutto, straniere verso se stesse e i propri cari, cittadine soltanto dell’indiferrenza.

Lo straniero è un romanzo da leggere, prima o poi. Da non lasciarsi sfuggire. Un romanzo di uno scrittore importantissimo ed esponente dell’esistenzialismo, premiato nel 1957 con il Nobel per la letteratura.

(L’illustrazione che accompagna il post è tratta dal sito Culturificio)