Capodanno in free solo

7 Gennaio 2024

Abbiamo messo a letto i bambini, abbiamo aperto una bottiglia di spumante rosé, ci siamo accomodati sul divano e abbiamo cliccato su “play”.
È così che io e mia moglie abbiamo passato il Capodanno: a casa nostra, da soli. Ognuno con l’amorevole compagnia dell’altro, che in fondo è tutto quello che ci basta, che ci serve, che ci rende complici.
Abbiamo guardato il bellissimo documentario Free Solo – Sfida estrema, che ripercorre la storica scalata di oltre 900 metri, senza corde né protezioni, del climber statunitense Alex Honnold sulla parete di El Capitan, nel Parco nazionale di Yosemite, in California.
Un’impresa clamorosa, esaltante e folle, talmente impressionante da un punto di vista tecnico e umano che il documentario ha vinto il premio Oscar e tanti altri premi prestigiosi.

La storia di questa conquista sportiva, scioccante e consolatoria al tempo stesso, è raccontata nel libro La salita impossibile di Mark Synnott, amico di Honnold ed esponente della generazione di climber che ha preceduto proprio Alex, il quale oggi è considerato il talento più puro dell’arrampicata mondiale.
Il libro, come il film, ci fa vivere in diretta la tensione di questa arrampicata impossibile e ci fa conoscere meglio Honnold, alpinista estremo dietro al quale si nasconde un uomo bizzarro e geniale.

Quando Alex (nel documentario) giungeva al punto critico della scalata durante uno dei tanti allenamenti prima di tentare l’arrampicata finale (dico “finale” perché la conclusione sarebbe stata semplice: o sarebbe arrivato in cima o sarebbe morto sfracellato al suolo), nella vita reale scoccava la mezzanotte e fuori dalla finestra, puntuale, iniziavano a esplodere i fuochi d’artificio e le urla esaltate delle persone che festeggiavano il nuovo anno.
A quel punto, com’era naturale che fosse, abbiamo messo il documentario in pausa, infastiditi dagli sprechi del Capodanno e dal rumore molesto del divertimento obbligato di chi era in strada.

E mentre aspettavo la fine dei fuochi e delle urla, ho ripensato al post del viandante Luigi Nacci che avevo letto nel pomeriggio e in cui, per il nuovo anno, augurava di passare più tempo sulla strada che in casa (non a festeggiare, ma a camminare), di comprare lo stretto indispensabile, di lavorare e non venire lavorati e di altre cose simili che potete intuire.
Allora, immaginando anche io di scalare (solo metaforicamente) la parete liscia e verticale che Honnold stava cercando di domare, ho pensato ai miei buoni propositi per i giorni a venire, e che ricalcavano perfettamente l’augurio di Nacci: avere più tempo libero, viaggiare di più, scrivere di più, smettere di passare le ore chiuso fra le mura di un negozio, allontanare il consumismo, sfuggire alla morsa del lavoro che mi rende schiavo, sottrarmi il più possibile al modello economico della nostra società, dedicare più tempo a mia moglie, ai miei figli e a me stesso.
Difficile, forse difficilissimo. Ma non impossibile. Proprio come la conquista della via Freerider di El Capitan, che Alex Honnold ha pericolosamente portato a termine in poco meno di quattro ore, salvandosi la pelle.

Ecco: anche io vorrei salvarmi la pelle. La pelle e la mente. E non restare ingabbiato ancora a lungo in un prototipo di esistenza che non sopporto quasi più.
Di questo me ne sono convinto a notte fonda, quando mi ha svegliato la musica a tutto volume che arrivava da un noto pub del paese, poco distante da casa mia: “Life in plastic, is fantastic…”. La canzone, lo avete capito, era Barbie girl e in quegli istanti ho realizzato che esprimeva proprio quello che non vorrei più essere: uno stile di vita che vorrei che si sfracellasse al suolo.

(POST PUBBLICATO LA PRIMA VOLTA il 3 gennaio 2020)